Fratellanza e socialità. Intervista a Vinicio Marchioni e Paolo Calabresi

Nei tempi duri della crisi legata alla pandemia, U.N.I.T.A. – l’Associazione fondata da oltre 100 interpreti del teatro e dell’audiovisivo – è nata per ribadire la centralità del mestiere dell’attore, anche nella sua valenza sociale di formazione dell’essere umano?

Marchioni: È uno dei concetti chiavi su cui ruota U.N.I.T.A. e sono molto contento di essere uno dei soci fondatori: ricordo le prime riunioni con Vittoria Puccini e pochi altri, ormai più di due anni fa… Oggi grazie al grandissimo lavoro delle attrici e degli attori che compongono il nostro Consiglio Direttivo dell’Associazione – rinnovato proprio recentemente: Vittoria Puccini, Fabrizia Sacchi, Fabrizio Gifuni, Paolo Calabresi, Stefano Scherini, Maria Pia Calzone, Pietro Sermonti, Francesco Rossini detto Bobo, Thomas Trabacchi, Francesca Romana De Martini, Mia Benedetta – stiamo raggiungendo dei risultati molto concreti. Naturalmente, prima di tutto, dobbiamo lavorare sull’emergenza creata dalla pandemia, perché c’è bisogno di garantire il sostentamento alle attrici e agli attori che non hanno lavorato per tanti mesi; poi, dobbiamo risolvere tanti problemi che riguardano l’intera categoria: i contratti nazionali per l’audiovisivo e per la prosa da rivedere e calibrare; i diritti connessi all’immagine su cui ragionare perché l’avvento dei social e dello streaming ha sbaragliato tutto: uno spettacolo trasmesso sulle piattaforme, per esempio, quante volte può essere replicato? E gli attori poi vengono pagati solo per una recita? Sono discorsi che vanno affrontati, riunendo la categoria, e contemporaneamente ponendosi in dialogo con tutti gli altri gruppi e associazioni: lo scopo è di riuscire a far capire che essere attori è una delle professioni più antiche del mondo, un mestiere che nella storia si è sempre connaturato ai tempi che si stavano vivendo. L’attore del teatro greco, l’attore delle grandi Compagnie medievali e rinascimentali: non esiste sviluppo della società, se non è accompagnato dal fare teatro. Negli ultimi anni questo discorso è stato completamente abbandonato perché siamo stati sorpassati dagli influencer o da Youtube, da mille cose che creano intrattenimento, però noi siamo dei professionisti e il nostro è un lavoro: chiediamo solo di ricollocarlo nella giusta dimensione. I problemi della categoria sono endemici, ma la pandemia ha portato in superficie tutto quello che già non funzionava e ha fatto sì che si creasse un ascolto emotivo reciproco: ci siamo resi conto che dobbiamo unirci, che i problemi di uno sono i problemi di tutti e che la disgregazione di questo mestiere fondato in genere sull’individualismo non fa bene a nessuno. Io parlo da attore che ha la fortuna di lavorare, e penso che sia fondamentale che si affrontino questi problemi: dietro ad ogni attore che ha un briciolo di visibilità, ce ne sono mille invisibili e che non hanno la possibilità di farsi ascoltare.


Vinicio Marchioni

Foto Gianmarco Chieregato


Calabresi: U.N.I.T.A. è un progetto nato ufficialmente durante la pandemia, ma esisteva già da prima: alcuni di noi, su iniziativa di Vittoria Puccini, si erano riuniti in una chat di gruppo che si chiamava Attore Visibile, confrontandoci per affrontare le tematiche relative al nostro lavoro. Sono uno dei soci fondatori di U.N.I.T.A. e abbiamo un direttivo formato da 11 persone, perché è diventato un impegno molto grande: ci siamo divisi i compiti e, a seconda dei vari periodi, c’è chi fa di più o di meno, ma avendo la possibilità di alternarci e di farci aiutare anche da coloro che non fanno parte del direttivo. È sempre mancata una coscienza di categoria: negli ultimi anni gli attori sono diventati sempre più delle monadi, che in genere si ingegnano individualmente per andare avanti. Però, ci siamo resi conto che l’unione fa la forza: mettendosi l’uno al servizio dell’altro è possibile ottenere molti più risultati. Ci siamo presentati al Ministero come U.N.I.T.A., forti dei tanti nomi che rappresentavamo: i più popolari, e dunque con un maggiore potere contrattuale, si sono messi al servizio di coloro che per il momento magari hanno meno visibilità. Abbiamo iniziato a fare quello che per anni gli attori hanno sempre delegato ad altri: alla fine, soltanto noi conosciamo a fondo le esigenze e le problematiche più pratiche del mestiere. Abbiamo dovuto prendere il timone di questa grande nave dello spettacolo, seguendo il nostro punto di vista, e tuttora cerchiamo di governarla nel mare in tempesta. Ci siamo battuti per far comprendere all’opinione pubblica un concetto che associa tutti i lavoratori dello spettacolo, e non parlo solo degli attori, ma anche delle maestranze che agiscono dietro le quinte: il nostro non è semplice intrattenimento, ma si tratta di un lavoro a tutti gli effetti che genera PIL e fatturato, con cui si mantengono tante famiglie. L’obiettivo è stato quello di ribadire la centralità del mestiere di attore e la dignità del lavoratore dello spettacolo: chi genera cultura produce un bene essenziale, non superfluo.


Una citazione di Claudio Abbado è stata scelta per accompagnare U.N.I.T.A.: “La cultura è un bene comune primario come l’acqua. I teatri, le biblioteche e i cinema sono come tanti acquedotti”.

Marchioni: È una delle ultime dichiarazioni fatte da Abbado; abbiamo scelto di utilizzare le sue parole perché rappresentano una sintesi di ciò che noi tutti fermamente condividiamo: l’arte, il cinema, la musica, i libri – in una parola la cultura – sono dei beni primari e come tali devono essere garantiti dallo Stato ad ogni cittadino. Io pretendo che i miei figli ricevano degli strumenti per imparare la cultura teatrale che è importante da insegnare tanto quanto la matematica, la storia, la grammatica… Esiste anche una grammatica dei sentimenti e come Paese, per evitare l’imbarbarimento, dobbiamo pretendere che questo diritto ci venga garantito.


Paolo Calabresi

Calabresi: Come detto prima, il messaggio da sottolineare è che il nostro lavoro non è inutile: quando è negato, colpisce l’anima. La gente non sta bene, se non può andare a vedere una galleria d’arte o uno spettacolo a teatro… La fruizione di un film o di un concerto su Youtube o Spotify diventa una visione personale, in cui tu sei da solo con te stesso: invece, lo spettacolo dal vivo o un film al cinema – che è sempre dal vivo: stai con altre persone in una sala, condividendo lo stesso film – implicano fratellanza e socialità. Senza questo tipo di esperienza ci si impoverisce e ci si isola. In fondo, tutto quello che abbiamo fatto con U.N.I.T.A. è proprio cercare di evitare che ci isolassimo, gli uni con gli altri, sempre di più.


Angela Consagra


Intervista tratta dai Quaderni della Pergola | Teatro al tempo del Covid del 23/4/2021.